C’è una stanza un po’ magica. Una di quelle che nel momento che chiudi la porta dietro di te ti accorgi di essere in un ambiente così lontano e fantastico, così imprevedibile che potrebbe accadere l’impossibile. Una di quelle stanze in cui potrebbe nevicare dentro o sbocciarvi la primavera, potresti essere in pericolo da creature che ti vorrebbero togliere la vita o arrivare alla fine della tempesta a vedere che alla fine ciò che rimane è il cielo sopra le nostre teste.
Entra pure a vedere nella mia.
«Quindi lei è uno scrittore?» domandai.
«Un giornalista.»
«Qual è la differenza?»
«I giornalisti non scelgono gli argomenti.»
– Finchè sarò tua figlia, Elizabeth Little
Perchè gli scrittori si? Gli scrittori scelgono di che parlare forse? O sono semplice penna, inchiostro nelle mani di ciò che gli viene fatto? É vero che lo scrittore che parla ad un target adolescenziale decide di trattare argomenti come bullismo, vita, istruzione, amicizia, e primi amori. Ma non decide forse di trattare quegli argomenti che l’hanno segnato o per cui sente dentro di sè il bisogno di parlarne alla società, vocazione. Il poeta vate. Come se l’arte fosse una mano invisibile che mira a soddisfare i bisogni umani ed emotivi di una società che va ormai in pezzi, in tanti minuscoli pezzetti che vanno crinandosi giorno dopo giorno. E allora forse lo scrittore è semplicemente il tramite di questa immensa forza. Tu che hai questa vocazione di scrivere, cos’è? Vuoi impedire all’arte di fuoriuscire? No, scrivi. Fai fluire ogni cosa che pensi perchè così sarai libero di qualcosa di troppo grande da tenere dentro di te. Deve uscire, fluire in questa realtà che nessuno ascolta o legge più. Leggere la realtà. Cosa significa ormai in eventi che vanno troppo veloci e anche leggendoli con gli occhi, be’ non stai più dietro a loro. Leggere.
Forse dovremmo tutti imparare di nuovo a leggere.