“Stavolta giuro ci vado a parlare”.
Anna si lavava il viso con insolita energia, pensando che quel giorno avrebbe trovato il coraggio di andare da Luca Baldini e dirgli qualcosa. Non sapeva ancora di preciso cosa, perché era incerta se parlargli delle sue passioni, anche se di sicuro non avrebbe parlato del tempo che dedicava a guardare le stelle col telescopio, perché l’avrebbe fatta passare per una un po’ stramba. Prima di tutto, però, doveva arrivare a parlargli. Chissà se si era già accorto di lei? Giurava di averlo visto in più occasioni mentre, incrociando il suo sguardo, le lanciava un sorriso. Di certo quelli erano sorrisi di intesa, benché fossero lampi tra i ragazzi nei corridoi.
Quella sera sarebbe andata con le compagne di classe al luna park, aveva sentito che ci sarebbero stati tutti perché era una delle ultime sere, poi quel posto che non esisteva, fatto di grida e di magia, in cui tutto poteva succedere, si sarebbe dissolto nel nulla. Qualche giorno e sarebbe diventato nuovamente il piazzale sconnesso dove si muovevano solo le erbacce e qualche cane solitario.
Ci era andata spesso con Betta, l’amica di sempre, quella che comunque c’era e con cui aveva condiviso tutto, finché aveva vissuto al paese.
Continuavano ad andare a scuola insieme, ma mentre Betta si spostava ogni giorno, Anna si era trasferita. Finalmente sua madre aveva trovato un lavoro in città e Anna era entrata in una nuova dimensione, piena di facce nuove, ma ancora troppo lontane. Scalpitava e avrebbe voluto far parte da subito di uno di quei gruppi di amiche che camminano insieme in centro, che si stringono le une alle altre per proteggersi e per ridere più forte senza vergogna. Uno di quei gruppi in cui le amiche si sentono prima di uscire, per vestirsi allineate, senza correre il rischio di essere diverse.
In fondo aveva tempo per trovare nuove amiche, diceva sua madre, così come aveva tempo per crescere e capire quanto fosse importante trovare il suo modo di vestirsi e di muoversi. Ma sua madre non poteva capire la fatica di camminare da sola. Ora che non doveva trascorrere intere ore ogni giorno per spostarsi dal paese e andare a scuola, si muoveva da sola, a piedi. Le mancava Betta, le mancavano le lunghe chiacchiere che facevano sedute sul muretto davanti al bar del paese. Prima bastavano loro due, non avevano bisogno del bozzolo di un gruppo, potevano ridere forte senza che i soliti tizi seduti al bar si girassero a guardarle storto. Ora, pur ritrovandosi a camminare sola, continuava a pensare che le cose sarebbero cambiate per il meglio.
Ciò che invece era rimasto uguale era il rapporto con sua madre, che quando rientrava a casa si sedeva accanto a lei e le raccontava di sé, ma soprattutto la ascoltava, voleva sapere cosa aveva scoperto, con chi aveva parlato e se era felice. Poi la guardava negli occhi per qualche istante e capiva da sé le pieghe dei suoi sentimenti.
Erano solo loro due, suo padre si era trovato una donna meno problematica, aveva detto. La verità era che sua madre era troppo intelligente per lui e un giorno, finalmente, quella routine di liti e malumori finì. Ora poi che la sua vita in città assumeva la forma tanto attesa, Anna sentiva che suo padre non le sarebbe mancato, nonostante la rabbia e la casa vuota.
Il giorno prima, Giusi aveva inspiegabilmente invitato lei e Betta ad uscire con le sue amiche. Quello di Giusi era il gruppo più esclusivo della classe e Anna non aveva mai osato avvicinarsi a loro, continuando a sedersi sempre e solo con Betta.
Aveva il sospetto che sua madre si fosse messa in mezzo per combinare l’uscita e, anche se non avrebbe voluto passare per quella che implorava compagnia, aveva deciso di occuparsene un’altra volta, perché quel giorno l’occasione era imperdibile: sarebbero andate al luna park col gruppo di Giusi e tutto si stava apparecchiando alla perfezione.
“Anna è tardi, vieni a fare colazione”.
“Mamma, oggi non mi va niente. Mangio qualcosa alle macchinette a scuola”.
Diede a sua madre un bacio più forte del solito ed uscì senza chiudere la porta. Non sapeva se l’avrebbe rivista prima di sera dato che lavorava spesso fino a tardi da quando si erano trasferite, ma ormai era al liceo e le cose erano cambiate, toccava organizzarsi, toccava essere forti e sfrontate.
Al paese tenevano sempre le chiavi di casa sulla porta, era facile muoversi in quegli spazi, tra quelle facce che conosceva a memoria, ma in città bisognava ricordarsi le chiavi di casa, bisognava alzare il mento, come le diceva sua nonna da bambina abbracciandola e sollevandole dolcemente il viso, e affrontare ogni giorno con coraggio.
Camminando verso la scuola pensava a cosa mettersi la sera, di sicuro le scarpe nuove, perché era l’occasione giusta. Aveva trovato per miracolo le scarpe che tanto desiderava sul sito della Nike e di sicuro le altre le avrebbero notate. I jeans larghi le davano sicurezza, quella sera non poteva preoccuparsi della gonna stretta. Era incerta tra una t-shirt e il top nero che le faceva le tette più grandi ma, dato che quella sera forse avrebbe parlato con Luca Baldini, valeva la pena giocarsi il top nero.
Luca Baldini aveva un paio di anni più di lei, faceva il secondo anno perché probabilmente era stato bocciato, si diceva che fosse il più grande di un certo numero di fratelli e che la sua famiglia si era trasferita in città da un posto lontanissimo. Era spesso serio, anche in compagnia, ma sembrava dolcissimo e quando si aggiustava il ciuffo con due mani, alzava i gomiti stringendoli davanti alla faccia ed era irresistibile.
Secondo Betta gli sguardi d’intesa che Anna giurava di aver visto erano tutti nella sua testa, lui non l’aveva neanche notata e continuava a dirle che avrebbe fatto una pessima figura davanti a tutti i suoi amici andandoci a parlare quella sera. Ma la gente di paese, si sa, non è sfrontata e fa fatica a mettere coraggio nelle relazioni. Betta non poteva capire.
Dopo una giornata trascorsa galleggiando nel solo pensiero della serata in arrivo, Anna e Betta si preparavano a casa di Anna, continuando a guardarsi allo specchio per valutare la giusta quantità di mascara, immaginando di muoversi già tra mille altri sguardi. Non si erano sentite con le altre per accordarsi su cosa indossare, non erano ancora così in confidenza, quindi, continuavano a domandarsi se le loro scelte fossero azzeccate.
Appena il citofono suonò, si scossero dai loro dubbi e si precipitarono per le scale. Anna fece appena in tempo a mettersi i soldi nella tasca destra dei jeans e le chiavi di casa nella sinistra, poi le ragazze si unirono al gruppo lasciandosi alle spalle una scia di profumo e di gioia.
Andarono insieme a piedi fino al luna park. Anna camminava trionfalmente, con quella schiera di amiche inattese e sfavillanti, discutevano su cosa mangiare, su chi avrebbero incontrato, sulla pericolosità delle montagne russe e dopo tante risate si ritrovarono una stretta all’altra a parlarsi e a ridersi addosso, sulle panche, vicino al camioncino dei panini. Anna aveva lo stomaco chiuso dal peso delle emozioni, ma non voleva darlo a vedere e mandò giù qualche patatina. Le ragazze erano piene di energia, guardavano quelli che passavano e ne avevano per tutti: anche se facevano solo il primo anno, non si vergognavano di commentare i vestiti, le camminate, i capelli. Giusi era fantastica, aveva una risata contagiosa, di quelle da sentirsi fortunati ad esserle accanto. Avere anche Betta al suo fianco la rassicurava e tutte insieme erano invincibili.
Poi arrivarono i ragazzi della seconda B e con loro Luca Baldini. Anna lo vide da lontano e, cercando di apparire indifferente, sussurrò a Betta “eccolo”.
Betta si girò di scatto a guardare e allora anche tutte le altre si girarono e tormentarono Anna e Betta fino a farsi confessare cosa nascondevano. Anna doveva andare da lui a tutti i costi, perché era la serata giusta, perché con quel top stava da dio e perché lui di sicuro non aspettava altro. Erano tutte d’accordo tranne Betta, che in silenzio continuava a guardarla e a scuotere la testa in modo impercettibile, ma quel tanto che bastava ad Anna per capire e per pensare che Betta aveva voglia di rovinarle la serata.
Il giro sulle montagne russe era quello che ci voleva. Volare era ciò che mancava a quella giornata perfetta.
E uscendo da quel giro infernale si scontrò con Luca Baldini. Si trovò con la sua risata più limpida, faccia a faccia con il sorriso del ragazzo e, mentre ancora stentava a camminare dritta, fu lui a sorreggerla, guardandola negli occhi. Aveva una bottiglia di vino rosso in mano, non lo aveva mai visto così da vicino e si sorprese delle spalle larghe che la sovrastavano e dell’alito di vino.
“Ciao”, disse lui semplicemente.
“Ciao, tu sei Luca” azzardò Anna, scompigliata dalle emozioni.
“Come mi conosci?”
“Ti vedo a scuola”
“Ah sì, boh, scusa, sono un po’ bevuto, vuoi?” le porse la bottiglia che lei non poteva rifiutare e, mentre il vino le bruciava la gola, si rese conto che le amiche si stavano allontanando nella polvere del luna park, tirandosi dietro a fatica Betta, su una scia di risate ammiccanti.
Rimasti soli, si dissero qualcosa urlando, mentre lei galleggiava in quello spazio meraviglioso. Non bastava la città, le amiche, Betta, il luna park, ora accanto a lei c’era il ragazzo che aveva guardato di nascosto così tante volte e riusciva a malapena a crederci.
“Andiamo a parlare più in là, qui non riesco a sentirti”.
Il ragazzo le prese la mano ed Anna si lasciò trasportare dalle sue spalle, dal vino e dall’incredulità. Camminarono abbastanza da oltrepassare l’ultima delle giostre, fino a dove la musica era meno assordante e le luci meno accecanti.
Camminarono oltre le persone e Anna continuava a farsi trascinare, nonostante le sue gambe iniziassero a opporre resistenza.
Si trovarono dietro un camper, la musica era ormai soffocata e oltre c’era solo il piazzale buio. Luca Baldini aveva preso due cassette di legno e rovesciandole ci si era seduto invitando Anna a sedergli accanto.
“Stiamo qui che non c’è casino. Quindi tu fai la prima? Come hai detto che ti chiami?”
“Sono Anna, sì, faccio la prima C e stiamo sullo stesso piano.” Anna bevve ancora di quel vino così aspro da farle chiudere gli occhi e da darle il coraggio di continuare a parlargli:
“So che ti sei trasferito in città da poco. Sai, anche io come te…” non fece in tempo a finire che lui la interruppe:
“Ce l’hai il ragazzo?”
“Ancora no” si affrettò a rispondere Anna.
“Strano, sei carina” e le si avvicinò con un sorriso fino a stamparle un bacio in bocca. Anna sentì l’alito di vino ancora più forte. Ma in fondo era quello che voleva, cosa c’era di meglio di trovarsi in quel posto a parlare e a baciare Luca Baldini?
Lui continuava a baciarla e aveva smesso di parlare, Anna pensava alla figura che avrebbe fatto se non avesse continuato a baciarlo, ma era scomoda su quella cassetta di legno e lui le stava troppo addosso. Aveva bisogno di un momento per capire come fare e se era quello che voleva veramente.
Luca Baldini aveva smesso di guardarla e di dirle che era carina e non c’era più traccia di un sorriso. Le si era messo in ginocchio davanti e la stringeva troppo con le braccia intorno al collo, spingendola contro quel camper sudicio. Anna si rese conto che voleva andarsene da lì, ma non riusciva a muovere le gambe. Lui era cambiato, non capiva perché quel ragazzo dolcissimo la stringesse così forte e le impedisse di respirare. Provò a dirgli “aspetta”, ma lui non ascoltava, allora gli disse “non voglio” e lui la strinse più forte.
Anna si trovò addosso quelle mani che non voleva ma che proprio non riusciva ad evitare. Una forza assurda e inaspettata la spinse a terra.
Non aveva alcun controllo, non sentiva più il suo corpo.
Alla fine, lui si alzò da terra e si sistemò i jeans, allacciandosi accuratamente la cintura. Disse “ciao” e se ne andò ciondolando. Quando Anna aprì gli occhi, lo vide di schiena che si aggiustava il ciuffo con le mani, con i gomiti stretti davanti alla faccia, per poi scomparire verso le luci del luna park.
I sassi dell’asfalto sotto di lei le si erano conficcati nella schiena e le premevano sotto la testa. Doveva alzarsi alla svelta ma una vertigine la costrinse ad appoggiarsi al camper per non cadere. Abbassò gli occhi, vide le scarpe nuove sporche di sangue e pensò che non sarebbe mai riuscita a pulirle. Poi sentì arrivare il dolore tutto insieme, nei muscoli, nelle ossa e dentro alla testa. Doveva aver urlato perché le faceva male la gola.
Voleva alzarsi i jeans prima che arrivasse qualcuno, ma si accorse di non avere più in tasca le chiavi di casa. Si chinò a cercarle a terra, muovendo le mani a tentoni e, disperandosi, iniziò a piangere. Trovarle fu come aggrapparsi ad un’ancora per ricominciare a respirare.
Alzando lo sguardo vide un cane che dal piazzale deserto la fissava, per poi proseguire dritto stancamente e più in alto vide le stelle. Sentì la musica soffocata dal buio e ripensò a Betta che, mentre si preparavano per la serata e ridevano complici, non smetteva di ripeterle che doveva andarci piano con quello là.
Pensò a Giusi e alle altre che si domandavano dove fosse finita o che, forse, stavano solo facendo un altro giro sulle montagne russe. Era impossibile tornare da loro. Impossibile anche solo provare a spiegare.
In qualche modo riuscì a muovere un passo e decise che avrebbe messo un piede davanti all’altro e avrebbe provato ad allontanarsi da lì. Aveva la schiena che le andava a fuoco e la testa che le pulsava.
Teneva ancora strette le chiavi di casa perché quel buio la terrorizzava e andare a casa sua era tutto quello che voleva.
Lentamente camminò lasciandosi il luna park alle spalle, insieme alla musica assordante, a Luca Baldini, ai sassi sull’asfalto e alle amiche che probabilmente continuavano a ridere.
Il pensiero di sedersi accanto a sua madre la spingeva a fare un altro passo, anche se non sapeva ancora come avrebbe spiegato il sangue sulle scarpe, la schiena ferita e le lacrime di mascara che continuavano a colarle sul viso.
Una doccia bollente avrebbe lavato via il primo strato di dolore, poi sua madre, guardandola negli occhi, avrebbe capito e avrebbe fatto suo quello strazio, nonostante quanto accaduto fosse incancellabile.
Incancellabile come la macchia sulle sue scarpe nuove.
Silvia Trenta