C’è una stanza un po’ magica. Una di quelle che nel momento che chiudi la porta dietro di te ti accorgi di essere in un ambiente così lontano e fantastico, così imprevedibile che potrebbe accadere l’impossibile. Una di quelle stanze in cui potrebbe nevicare dentro o sbocciarvi la primavera, potresti essere in pericolo da creature che ti vorrebbero togliere la vita o arrivare alla fine della tempesta a vedere che alla fine ciò che rimane è il cielo sopra le nostre teste.
Entra pure a vedere nella mia.
L’anima razziata da chi necessita di finta profondità senza esser pronto a produrne.
Piccola anima, ti comprendo.
Sono stanca, siamo stanche, siamo stanchi. Delle persone che non se la smettono di risucchiarti tutta l’energia, tutto ciò che hai da dare senza dar nulla in cambio, qua ci vuole condivisione, arricchirsi l’animo. Non serve a nulla razziare le anime, quelle profonde e ricche, quelle di cui la società necessita, quelle di cui c’è bisogno.
“Il problema è che i poeti fanno i camerieri.”
No, non ti preoccupare che anche se lavoro io scrivo comunque, rifletto lo stesso sulla vita e non riesco a non urlare ciò che ho dentro a tutto il mondo. Il problema è che cerchi di portarmi via tutta l’interiorità che porto dentro le mie ossa, i miei muscoli la proteggono così tanto ma tu non ti arrendi. Ti sembro gracilina? Non ti preoccupare che poi come si dice in dialetto “io c’ho la tigna”. Quindi il problema non è il tempo e nemmeno la volontà perchè chi ha l’arte dentro arde di volontà di fare arte.
Il problema siete voi, che abbattete l’arte, perchè con l’arte non ci si mangia. Sì, forse è vero. Non ci posso mangiare con tutto quello che scrivo, perchè alla fine scrivo su carta e la cellulosa non si mangia. Ma con quello che scrivo io sopravvivo e aiuto anche te a sopravvivere. Perchè ti do conforto, perchè è terapeutico. Con quello che scrivo io sono viva e forse anche tutti gli altri. Quindi non ci mangio ma è meglio se la bocca la si chiude come nei musei, che si fa silenzio e si osserva l’opera d’arte, l’immensità di quell’anima che ha vissuto per produrre.
E qua vogliono tutti prosciugarmi l’anima
assaporare quei pezzi così malinconici
che son diventati prodotti tipici
come se vai in Toscana, te li mangi i pici
ma non sono io un piatto di pasta
ho bisogno anche io di un luogo
dove poter dire basta
dove stare in silenzio
ad ascoltare l’aria
il mare che non s’arrende
il cuore che batte senza far rumore
o troppo almeno
sono stanca di tutto quel baccano
vorrei soltanto, ascoltassi con me
il silenzio lontano.